I fratelli sono le radici orizzontali che sopravvivono alle radici verticali (i nostri genitori).
Nelle famiglie ci sono dei sottosistemi: il sottosistema genitoriale e quello dei figli/fratelli. Il sottosistema fratelli è il primo laboratorio sociale in cui possiamo sperimentarci con i coetanei. E’ il “primo laboratorio in cui si impara a negoziare, cooperare, e competere” (Salvador Minuchin).
Inoltre, il legame fraterno diventa il modello per i legami di coppia e per i legami amicali.
Il legame fraterno può essere un luogo salvifico perché si condividono le stesse situazioni familiari. Ad esempio, in una separazione tra genitori, spesso il legame tra fratelli si rafforza e diventa un luogo di protezione, comprensione e salvezza.
Nella relazione tra fratelli inoltre si costruiscono contesti in cui elaborare angosce e costruire la creatività: pensiamo ad esempio alla situazione in cui il fratellino minore toglie un gioco al maggiore. In questa situazione il maggiore dovrà sopportare ed elaborare la rabbia di essersi visto togliere un gioco, ma dovrà e potrà anche sviluppare la creatività di trovare un’alternativa.
Fratelli ad alto e basso accesso
Anche l’ordine di nascita dei fratelli ha spesso un senso per lo sviluppo futuro della personalità. Nelle famiglie ci sono dei “ruoli” che vengono attribuiti ai fratelli, ruoli che a volte possono modificarsi e plasmarsi nel tempo. E’ sano in una famiglia che i ruoli e le funzioni non restino fissi e stabili, ma possano subire modifiche e variazioni, a seconda delle necessità dei singoli, e del sistema familiare.
Bank e Kahn hanno parlato di fratelli ad alto e basso accesso. I fratelli ad alto accesso sono quei figli in cui vi è una vicinanza di età anagrafica e il sesso uguale (es: due femmine di 2/3 anni di differenza). In questo caso vi è una più alta probabilità che si sviluppi un rapporto di vicinanza. I fratelli a basso accesso invece sono qui figli di sesso diverso e di ampia differenza di età (ad es. un maschio e una femmina di 10 anni di differenza). E’ il caso in cui è più probabile che vi sia un rapporto meno stretto. Questo anche perché questi fratelli avranno condiviso poco in termini di scuole vicine, amicizie simili, genitori e vita familiare. Ovviamente queste sono “tendenze”. Nelle famiglie, ci sono molti casi che smentiscono questa teoria.
Nel caso in cui il sistema genitoriale sia assente, manchevole o scarsamente competente (ad esempio nei casi di separazione conflittuale o mal gestita), accade che uno dei fratelli (solitamente il maggiore) abbia un ruolo “genitoriale” nei confronti degli altri. In questi casi Scabini definisce la relazione fraterna come “vincolo”. Un vincolo che non permette una relazione sana e “libera”. Ma che invece si fossilizza e non facilita l’espressione della propria identità.
La fratellanza è poi un laboratorio in cui esplorare, sopportare ed elaborare le differenze: per questo è molto importante che anche i genitori favoriscano e supportino “l’essere diversi” dei figli. I figli condividono parte del patrimonio genetico, gran parte delle esperienze ambientali familiari, ma hanno in sé delle differenze e delle caratteristiche uniche e speciali, da rinforzare e favorire.
L’ordine di nascita
Anche l’ordine di nascita dei fratelli ha una valenza per lo sviluppo della personalità futura, delle competenze sociali e addirittura (secondo alcune teorie di Water Toman) per la scelta futura del partner.
Il primogenito tende ad avere un forte senso di responsabilità e ad essere spesso un conservatore. Sarà solitamente una persona che ama la stabilità e l’ordine. E ‘ il cosiddetto “figlio della madre”.
Il secondogenito nasce e trova subito un suo “simile” che sa già fare molte cose più di lui e con cui deve costantemente confrontarsi. E possibile quindi che sviluppi presto un senso di inferiorità e una tendenza a cercare di superare chi gli sta davanti. Il secondogenito quindi spesso sviluppa un’ambizione esagerata e potrebbe avere la tendenza a lavorare con forte ansia, dal momento che da piccolo ha sperimentato molte situazioni in cui si sentiva “meno capace”. E’ spesso il “figlio del padre”.
Il terzogenito (o figlio minore) è quello a cui viene da sempre riconosciuta una posizione del tutto speciale, ha molto affetto sia da parte dei genitori, che dai fratelli. C’è il rischio che diventi una persona un po’ viziata perché abituata ad avere le attenzioni di tutti.
D’altra parte però, il terzo è anche quel figlio che ha visto tutti “più grandi di lui”, più esperti di lui e potrebbe quindi sviluppare, una volta diventato adulto, una forte ambizione e desiderio di “superare tutti”. Spesso l’ultimo figlio è “il figlio di nessuno”, dal momento che primo e secondo hanno già preso le loro “postazioni” con madre e padre.
E i figli unici?
E’ chiaro quindi che la possibilità di avere dei fratelli durante la crescita, è un fattore che velocizza alcuni processi emotivi ed elaborativi, ma ciò non vuol dire che i figli unici non facciano questi passaggi. Hanno inoltre altri vantaggi (come quello di avere dei genitori “sempre disponibili” ed hanno statisticamente una salute migliore).
I figli unici semplicemente dovranno (se riusciranno) trovare altri modi e altre possibilità per sperimentare queste sfide (ad esempio con i cugini o con le relazioni amicali).
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