Che cos’è che fa si che due persone si avvicinino? Che cos’è che ci attrae veramente nell’altra persona quando ce ne innamoriamo?
C’è sicuramente una buona parte dell’incastro di coppia che ha a che fare con i primi istanti dell’incontro tra due persone, da qualcosa di profondo ed immediato che ci colpisce nell’altro. Poi però, con il tempo, il legame si trasforma e ciò che ci lega all’altro diventa sempre più maturo e consapevole.
Se chiedessimo a due persone che hanno una relazione di coppia “Qual è la prima cosa che ti ha colpito di lui/lei la prima volta che l’hai visto/a?”, le risposte potrebbero sorprenderci. E’ proprio nei primi istanti dell’incontro che si cela la forza e il significato di un legame.
Dobbiamo ricordarci però che l’incontro tra due persone non è mai solo l’incontro di due individualità, ma anche di due famiglie di origine, di bisogni, storie, dolori, immagini e desideri.
Quali sono questi bisogni e desideri che si incontrano?
Sono quei bisogni che non abbiamo visto soddisfatti nella nostra famiglia di origine e che cercano quindi nella coppia una soddisfazione. Chiediamo quindi all’altro, inconsapevolmente, di soddisfare tutti i nostri bisogni. E’ come se facessimo una specie di “delega in bianco” all’altra persona, chiedendole di riempire i nostri vuoti, soddisfare i nostri bisogni insoddisfatti, senza però svelarli prima. Senza far conoscere prima la nostra storia.
Ad un certo punto della storia di una coppia, però, ci si rende conto che non possiamo delegare all’altro tutte queste richieste, perché la coppia è sopratutto un luogo in cui si elaborano la differenze (Si! anche nella coppia omosessuale!). All’interno di una coppia, si può trovare un luogo salvifico e terapeutico, in cui ci si cura, ci si aiuta e si può superare l’autoreferenzialità, attraverso la costruzione dell’identità di coppia. Si può inoltre superare quell’aspettativa irrealistica di creare una “coppia perfetta” che “corregga” (o iper-corregga) tutti gli errori che possiamo aver visto nella nostra famiglia di origine o che “replichi tale e quale” la coppia idealizzata dei nostri genitori (o dei nostri nonni).
L’ideale di coppia
Nel costruire una nuova coppia, ci approcciamo all’altro avendo in testa un’ideale di coppia, che avrà a che fare con la coppia dei nostri genitori (e dei nonni attraverso i genitori) e potremo costruire il nostro ideale per somiglianza (cercando di emulare la coppia dei miei genitori se li ho idealizzati) o per differenza (cercando di correggere e distinguermi perché li ho visti disfunzionali o non ho sentito la loro dimensione di coppia come sana e positiva). In realtà il fatto di poter “tenere” alcune cose dalla famiglia da cui proveniamo e “lasciarne” altre, è la modalità più sana perché ci permette di essere “generativi” e sviluppare resilienza.
La proiezione nella coppia
Nell’incastro di coppia, entra in gioco anche il meccanismo della “proiezione”: quel meccanismo di difesa inconscio dell’essere umano in cui si “attribuiscono” parti nostre all’altro. Se proiettiamo parti cattive e negative, l’altra persona diventerà un nemico da combattere e da cui difendersi. Se invece proietto mie parti buone e positive, “amerò a specchio” le parti buone di me nell’altro. L’incastro di coppia consiste esattamente in questo: l’altro si renderà disponibile a prendere e mettere in scena le mie parti negative, sopportandole e gestendole. Talvolta anche rendendole visibili e manifeste, così che io possa elaborarle tramite l’altra persona. Tutto ciò è la base di quella famosa frase che avrete sentito spesso: “non puoi essere in grado di amare un’altra persona se prima non ami te stesso”. Un rapporto di coppia è sempre un “passo a due”, una danza in cui le due persone mettono in gioco le loro risorse per elaborare le differenze, gestire i conflitti e rinforzare il legame. Ma anche per elaborare i dolori individuali e superare alcune fragilità.
La scelta di “un certo tipo di partner” è necessariamente influenzata da un “mandato familiare”, ovvero da ciò che ci è arrivato dalla nostra famiglia di origine, in termini di “vuoti” e “pieni”, di bisogni e mancanze, di desideri e speranze.
C’è da domandarsi, sulla base di ciò, quanto possiamo essere “liberi” di scegliere un certo tipo di persona o un altro?
L’esperienza con le famiglie dei terapeuti sistemici, sembra indicare che, quanto più le relazioni nella famiglia di origine sono prive di elementi di conflittualità irrisolti, tanto più la scelta del partner è “libera” nel senso che i vincoli, le preclusioni, la necessità di legarsi ad un “particolare” tipo di partner sono molto meno pressanti.
Ciò che rende una coppia “sana” è sempre la possibilità di promuovere la salute degli individui (io e tu) ma anche di preservare la salute della coppia (Noi).